domenica 8 aprile 2012

Pasqua

Il cameriere diventa bello quando sorride. Aspetta che ci alziamo da tavola per dare la mano al bà alla mà e a mio fratello augurando Buona Pasqua. Io mi alzo a testa bassa, studio il percorso alternativo tra i tavoli per poter svicolare dall'imbarazzo della stretta di mano, ma lui mi attende fermo in piedi, è davanti a me e sorride. La sua mano è calda e ferma, non ha paura, ha lo slancio poi di darmi due baci, sorride dolce e io non lo guardo mentre lo ringrazio.

Al distributore di benzina davanti casa dei miei un signore in motorino chiede una carta da cinque, ha la mano piena di spiccioli. Guardiamo ognuno nel portafogli. Nessuno di noi ha una carta da cinque euro. Il bà, non so perchè, insiste che gli dia tutti gli spicci che ha trovato nella tasca della sua giacca e che mi ha fatto scivolare sulla mano. Così, con la mano piena di monetine apro lo sportello della macchina e trovo la mano aperta del signore davanti a me. Non lo guardo, mi concentro su quella mano, stando attenta che le mie dita maldestre non facciano cadere a terra qualche moneta nel passaggio dalla mia mano alla sua. Da sopra la mia testa la sua voce mi dice, col palmo aperto pieno di spiccioli, "non mi servono le monete, le ho: mi serve una carta da cinque".
Di nuovo, senza alzare gli occhi da quella mano, riprendo una a una tutte le monetine che gli ho appena dato, le mie dita sfiorano il suo palmo, ha la pelle fredda e morbida, ha l'unghia del mignolo molto lunga e gialla.
Mi dispiace, vorrei dirgli, mi dispiace, ma non dico niente, e con il pugno chiuso stretto stretto sugli spiccioli del bà richiudo lo sportello della macchina e parto.


Vola basso basso, sulla superficie dell'acqua, piove a vento e alle mie spalle c'è il rumore di acqua agitata. Non riesco a fermarne il volo, la telecamerina del mio cellulare ha un tempo di scatto troppo lungo, e già è passato e se n'è andato, una donna chiama forte "john vieni qua!"  chissà, forse è un cane. Anche il mio tempo di sguardo è troppo lungo, e dallo specchietto retrovisore già non vedo più nessuno.

Intanto continua a piovere, e intanto continua il rumore di acqua mossa, intanto continua a non esserci nessuno in questa ora e in questo angolo di mare, mentre rimango ad aspettare voli da afferrare e fermare in quadro, mentre le gocce sul vetro sgocciolano giù piano. Finchè riesco e lo trovo, aspetta aspetta aspetta vorrei dirgli, vola un pò più piano per favore, o vienimi vicino, ma lui non vola piano, nè mi vola vicino: è il vento che lo porta e lui si lascia portare, ed è la pioggia che lo bagna e lui si lascia bagnare. E lascia me, con l'obiettivo in mano, benevolo nel suo volo libero, lascia prendersi per un microsecondo, quando alzo lo sguardo già non c'è più.

Mi basta quell'attimo, il particolare piccolo, piccolo eh, ma afferrato, fermato in qualche modo, in una stretta di mano, in un pugno pieno di monetine e in uno scatto lento lento.

Mentro torno a casa penso con sollievo che seppur abbia dimenticato di innaffiare le primule ci ha pensato la pioggia, e mentre penso a questo giorno benevolo penso a te, senza fretta o confusione, e mi s'allarga il sorriso, e canticchio piano una canzone, sbagliando le parole, chè io lo spagnolo mica lo so!



1 commento: