venerdì 30 novembre 2012

carboncino


Il carboncino raddrizza i pensieri tristi.
lascia il nero sui polpastrelli che han sfumato i contorni.
nel ritratto non mi ci sono neanche messa.
il maestro di disegno ha pensato di corrermi in aiuto, in realtà stavo con la matita in aria e la bocca semiaperta mentre, guardando la modella, pensavo - che bella che è... 
ecco, avessi potuto, avrei passato il tempo a guardarla.
come si disegna la perfezione?
io non lo so, credo non lo sappiano le mie mani - gli occhi, poi, lasciamo stare: quelli, disabituati del tutto.
ma ci si abitua, no? a tutto, vero? è proprio nella natura... come i rami delle piante al confine con il garage dove facciamo teatro, che i giardinieri non son riusciti a tagliare perchè s'erano abituati alla rete metallica ed eran cresciuti così, abbracciati alla rete. - meraviglia - 
stamattina, salendo in auto, sullo specchietto retrovisore s'era appoggiata una fogliolina. abbarbicata lì, arrivata da chissà dove - l'auto era ancora in garage - o portata dietro da chissà dove. ciao. ho pensato. ti pensavo anch'io. ho pensato. e mi fa piangere pensarlo, mi fa piangere quell' "anche" scorretto.
e l'ho portata con me tutto il giorno, quella fogliolina, anche se poi è volata via ma me ne sono accorta solo all'imbocco del cavalcavia. 
ci sono dei giorni che sulla via gagarin si vede il sole con la luna. è vero, giuro.
alla radio passava baglioni - tu come stai? - ferma al semaforo l'ho cantata a voce alta, stonata.  
non si vedeva la luna oggi, ma neanche il sole.
stasera ho capito che col carboncino posso fare un po' come mi pare. rende bello tutto, se ci sai fare un po' con le sfumature. 
il carboncino corregge i pensieri tristi.
che ti rimangono sui polpastrelli delle mani. 
neri neri.

sabato 10 novembre 2012

1° giorno

Un'amica mi invita a pranzo. Prima di uscire mi metto il rimmel.

- E' una tua scelta
- sì

Andiamo al mare, ristorante sul molo. Non parliamo di lui. Non lo nominiamo mai. Fuori c'è sole e vento. A volte guardo fuori.

- Sei tu che non vuoi essermi amica. 
- sì

Uscite dal ristorante ci affacciamo sulla spiaggia a guardare un gruppo di ragazzi che fa kytesurfing (o come si chiama). Il cielo è pieno di aquiloni. C'è vento forte. La sigaretta si brucia in un attimo.

- Hai qualcosa di mio da restituirmi?
- ho la casa piena - rido mentre mi scendono le lacrime

In libreria il libraio mi fa i complimenti per lo spettacolo. "E quel ragazzo... bravissimo!" - sorrido e distolgo lo sguardo, lo fisso su un libro qualunque. "quando rifarete qualcosa?" mi chiede

- Noi non torneremo più quelli di prima, lo sai no?
- sì

Mi consiglia il libro di Grossman, ne prendo uno di Pennac - Grossman un'altra volta, per carità. Pago e saluto. Il libraio, un uomo entusiasta, mi saluta dicendo "siate generosi! donatevi alla città!"
Gli do le spalle, do le spalle alla città, salgo in macchina in fretta.

- Mi rifiuto di dirti il bene che ti voglio. Ma non sono innamorato di te. Sparire è una tua scelta, non mia.
- sì

Torno a casa, verso sera accolgo mio fratello e la sua ragazza, mi preparo per uscire con loro, metto di nuovo le scarpe, il cappotto, sulla porta mi fermo. "Io resto a casa", dico. Mi guardano interdetti. "Sono solo stanca, niente di che" dico sorridendo. Grazie a dio basta a entrambi come spiegazione. Grazie a dio per la prima volta non insistono.

Ho ancora il rimmel addosso. Prima di andare a letto me lo tolgo. Sì.


mercoledì 7 novembre 2012

allora (è che non ci capisco più niente)


oggi ripensavo al primo anno di laboratorio, nel 2007. ci pensavo paragonando lo stato fisico di allora a quello di oggi. avevo una resistenza incredibile. il Regista mi conosceva a malapena, mi diceva riposati ogni volta che vuoi. non l'ho mai fatto. anche dopo, il recupero - era velocissimo: una notte di dolori e poi basta, passato tutto, fino al prossimo incontro. una sera ha voluto provare degli esercizi con me, credo volesse testare cosa potessi fare. mi son spaccata tutta. gliel'ho dovuto poi dire, e lui non ci ha mai più provato.
quella è stata una delle prime volte in cui mi sono maledetta per aver parlato, per aver detto come stavo.
cinque anni dopo, mi sono ritrovata a parlare con il Regista, a dirgli come stavo. erano i primi di maggio e io gli dicevo che lasciavo il laboratorio. abbiamo parlato e pianto fino all'alba. se n'è andato dicendomi che qualsiasi cosa avessi deciso, avrei fatto male. "se te ne vai disturbi, se resti disturbi comunque" - mi disse. poi se n'è andato.
io sapevo solo che non potevo più starti vicino. che mi stavo logorando pian pianino.
decisi di rimanere ma con una promessa a me stessa: che, pur rimanendo, non avrei più parlato, più mostrato nulla di me - che avrei recitato in tutto, in definitiva. poi, finito quel che c'era da finire, me ne sarei andata finalmente libera.
ho fatto così. a volte son riuscita a rispettare la promessa, a volte sono crollata, ma dio solo sa quanto è stato difficile tenere tutto compresso.
il giorno del tuo incidente ti scrissi un messaggio. diceva "come stai?". a fare una botta di conti neanche troppo difficile ti scrissi più o meno la stessa ora in cui tu venivi soccorso. non te lo inviai. grazie a dio, posso dire ora.
erano giorni che ti pensavo, che mi mancavi in misura feroce, oserei dire. andavo a letto la sera facendo le tacche sul muro: oggi è un altro giorno che non l'ho sentito, diceva la tacca sul muro.
era una resistenza disumana. ora lo posso dire.
poi è accaduto quel che è accaduto. ricordo di aver pensato per tanti tanti giorni: io resistevo e intanto potevo perderlo. un binomio assurdo. assurdi quei giorni.
fare le scale di casa tua, chiedermi ogni volta - faccio bene? o dovrei stargli lontana? - arrivare fino in camera tua e sorriderti - tutto è stato una guerra che mi ha sfinito.
mi muoveva solo l'istinto, in quei giorni, no, lo dico: mi muoveva solo l'amore.
sapevo che una volta tornato in piedi, io sarei dovuta tornare al mio posto.
così è accaduto. hai tanti, infiniti, sottilissimi modi per star lontano e farmi stare "al posto mio" che forse neanche tu li riconosci.
ti ho scritto, oggi. "ti va una tisana e la crostata della mia nonna, che anche se non è vegana però è buona, stasera?"
come è già accaduto, il messaggio l'ho cancellato, e dio solo sa cosa sono i nostri gesti non fatti, le parole non dette, le emozioni soffocate, dove sfociano, dove vanno a morire o a rivivere, come si vestono o travestono, se s'attaccano alle pareti della casa e a quelle del cuore, dio solo sa se è sempre meglio dirle, le cose, oppure tacere, se la paura di parlare è paura di essere poi abbandonati, lasciati lì, o se invece
se invece
se solo si parlasse
allora

martedì 6 novembre 2012

poi


vieni! vieni per una tisana.
per due biscottini o un pezzo della crostata della nonna, che non è vegana però è buona.
questo, ti avrei chiesto stasera.
e poi?
ma poi?
poi niente. e allora mi sono fermata. è come cercare un fantasma. qualcosa che non esiste.
esisteva, forse. forse, una volta.
non più.
e poi?
e poi niente.
allora mi sono fermata.

"But every time I say, "please come back", I feel like I"m trying to find a dirty needle in a haystack, and God knows I can't go out like that."