mercoledì 31 ottobre 2012

as easy as that

due settimane ormai.
ci siamo salutati stringendoci la mano. poi ci siamo abbracciati forte.
mentre guidavo mi meravigliavo di quante persone ci fossero ancora per le strade ma non m'ero accorta che era ancora presto
presto
per tornare a casa.
poi son tornata a casa.
ho messo nel cesto dei panni da lavare i vestiti di scena.
due mesi, sessanta giorni. prove, spettacoli.
ci siamo stretti la mano come due professionisti che si salutano.
poi ci siamo abbracciati forte.
ho chiuso la porta di casa, ho messo in una busta qualsiasi oggetto mi ricordasse il suo passaggio qui.
un tulipano accendigas, un'insalatiera fucsia, la maglietta del suo gruppo preferito, un libro, un passino, una brocca di vetro, due cd, bustine di tisana.
"è stato bello" - gli ho detto con la faccia sul suo collo.
ha sospirato.
poi ho chiuso la porta di casa.
e non sono più uscita.



domenica 14 ottobre 2012

Stanotte ti ho sognato.
Piangevi, ed era colpa mia.
Dicono che nei sogni, chiunque sia il personaggio, è sempre una parte di se stessi.
Non lo so.
Stamattina ti volevo mandare un messaggio: "come stai?".
Non l'ho fatto.
Come un'altra domenica identica a questa.
Il giorno stesso e l'ora appena dopo il tuo incidente, quando ancora non sapevo nulla, ti scrissi un sms. Diceva:
Come stai?
Anche quella volta, non l'ho inviato.
Nel frattempo, son diventata un mostro di autocensura.
Come ieri notte. Uscita da casa tua c'era un cielo pieno zeppo di stelle. Volevo mandarti un messaggio
Esci fuori, guarda che cielo!
Volevo rimanere per sempre in cucina mentre pulivi il fornello, o uscire dalla tua camera da letto e non tornarci mai più, addormentarmi con le fusa di j-lo, o schiavare il mio portone e pensare
A casa, finalmente.
E non ho fatto nulla di tutto questo, ho sorriso fin quando ho potuto, fin quando le ossa hanno iniziato a bruciarmi dicendo
Arrenditi.
Allora in macchina ho urlato, e poi ho vomitato la cena, l'amore perso, quello che non ho saputo dare e che ha lasciato stanchi.
L'avverto, la tua stanchezza di me, l'affetto ormai arreso mentre metto a ferro e a fuoco quello che un tempo ero quello che un tempo eri.
Ho creduto che non sarei mai stata capace di perdonarti l'abbandono.
Oggi credo che io debba perdonare me stessa per non averti saputo amare.
A volte ancora, mentre ti guardo non vista e mi scoppia il cuore, mi chiedo cosa sia l'amore.
Mi torna in mente il verso della poesia attaccata alla vetrinetta della mia credenza
Io non so se l'amavo, ma camminava con me.
Ci sarà un dio qualsiasi che perdonerà le orme che si separano.
E comunque sì, io lo so:
ti ho smisuratamente amato.


lunedì 8 ottobre 2012

can we dance upon the tables again?




Mi sveglio con questa in testa. Sono andata a dormire con una falena che sbatteva nella lucina dell’abat-jour e ti ho sognato. Ti ho parlato una notte intera. Tu ascoltavi e non te ne andavi. Era la prima volta.

Adoro guardarmi passare con te vicino, riflessi nelle vetrine. L’ho scoperto ieri. Non lo sapevo. Non lo sapevo che guardo le vetrine non per quello che c’è dentro ma per l’immagine che riflette.

Io, così tanto, credo di non avere mai amato.

Capirai, poi, come io non abbia così tante parole da aggiungere. Mi basta sognare.